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Calcolosi urinaria

Sempre più casi, sempre più opzioni terapeutiche

Reduci dai caldi estivi si assiste sempre più all’insorgenza di coliche renali dovute ai calcoli urinari.

La prevalenza di questa patologia è infatti sempre più in aumento con percentuali stimate intorno al 15% della popolazione.

Il sesso maschile risultata statisticamente più interessato, nonostante vi sia un sempre maggiore aumento di incidenza nella popolazione femminile.

L’alimentazione riveste sicuramente il ruolo di uno dei responsabili dell’incidenza calcolosi urinaria, vanno però considerati anche lo stile di vita, la sedentarietà, le infezioni delle vie urinarie, le alterazioni anatomiche, eventuali patologie associate e fattori genetici.

Nel periodo che segue ai forti caldi dei mesi estivi si assiste da un incremento degli accessi alle strutture sanitarie per la comparsa di improvvisi e intensi dolori lombari, in gran parte riconducibili a colica renale. A questo punto sorge spontaneo chiedersi cosa sia la colica renale, da cosa dipenda e come risolverla.

Abbiamo chiesto al Dr. Matteo Rani, responsabile del nostro servizio di Urologia, come si riconosca una colica, in cosa consista e come comportarsi in caso di comparsa dei sintomi.

Qual è il primo sintomo che si avverte quando si ha una colica renale?

Senza dubbio il dolore al fianco. Dolore che insorge per lo più improvvisamente con intensità piuttosto forte ed irradiato alla regione inguinale. Ad eccezione del dolore del parto e si dice che il dolore da colica renale sia uno dei più forti che si possano provare. Talvolta il sintomo è accompagnato da nausea, sudorazione e vomito e non vi sono particolari posizioni che lo possano alleviare.

Quanto conta bere e scegliere la giusta dieta nella prevenzione della calcolosi?

Sicuramente tanto. Soprattutto nei mesi estivi è fondamentale una ricca idratazione, senza particolari distinzioni fra le varie etichette di acqua, bisogna bere! In merito alla dieta si apre un capitolo più complesso da valutare in ambito medico specialistico. Per fare un esempio, contrariamente a quanto si possa pensare, ridurre degli apporti di calcio, non sempre abbassa la produzione di calcolosi calcica. Importante è analizzare i calcoli laddove possibile ed eseguire in alcuni casi uno studio metabolico.

Si tratta solo di dolore o la colica può provocare danni all’organismo?

La colica è dovuta ad una sovradistensione della via urinaria, legata ad un ostacolo al deflusso dell’urina prodotta dal rene. Nella maggior parte dei casi l’ostacolo è rappresentato da un calcolo. Ai miei pazienti porto spesso l’esempio di un piccolo sasso incastrato dentro al tubo; se il rubinetto a monte (in questo caso il rene) resta sempre aperto, qualcosa va in sofferenza. Allo stesso modo si comportano rene e uretere. I calcoli, aggregati a componente solitamente mista, vengono rilasciati a livello renale e non danno segno della loro presenza se di piccole dimensioni e localizzati a livello renale, poiché giacciono in una cavità piuttosto ampia. Quando questi calcoli finiscono nel condotto di comunicazione fra rene e vescica, chiamato uretere, possono provocare un’ostruzione, generando la colica. Il dolore può associarsi a dilatazione più o meno significativa della via urinaria a monte del calcolo, provocare eventuale danno renale e generare eventi settici, assolutamente da non trascurare o sottovalutare. Va precisato che la colica renale, in percentuali minori dei casi, può essere dovuta ad altre cause, ne sono un esempio coaguli, neoplasie, compressioni dell’uretere da strutture esterne ad esso, ma qui esuliamo dal tema in questione.

Come possiamo avere conferma che si tratta di un calcolo?

La descrizione dei sintomi e la visita dell’urologo forniscono indizi iniziali su che percorso diagnostico intraprendere. La colica renale va comunque studiata tramite un’ecografia iniziale per valutare un’eventuale quadro di dilatazione della via urinaria, seguita da una TC Addome (se eseguita con Mezzo di Contrasto ci fornisce informazioni aggiuntive su ostruzioni di natura diversa dalla calcolosi), accompagnata da esami del sangue ed urine per valutare la funzionalità renale e gli indici di infiammazione.

Bisogna sempre ricorrere ad intervento chirurgico per risolvere il problema?

No, nel caso in cui siamo di fronte a calcoli di piccole dimensioni e nel tratto basso dell’uretere, che hanno quindi già percorso gran parte dell’alta via urinaria, e se il paziente non presenta sospetti di infezione e il quadro radiografico e laboratoristico sono nella norma, é consigliato stimolare l’espulsione del calcolo servendosi di apposite terapie ed idratazione. Nei quadri di calcolosi di grosse dimensioni o in presenza di pazienti febbrili/settici o di sospette lesioni renali è indicato il drenaggio del rene per metterlo in sicurezza e monitorare il paziente, riservando il trattamento del calcolo ad un successivo momento.

Quali trattamenti quindi per eliminare i calcoli?

Al giorno d’oggi ci si avvale di tecniche sempre meno invasive. Basti pensare che fino a qualche decennio fa si procedeva quasi sempre con approccio chirurgico “a cielo aperto”. Attualmente si dispone di strumentari miniaturizzati che ci consentono una visualizzazione ad alta definizione e di lavorare dentro l’uretere e il rene polverizzando o frantumando i calcoli con l’energia Laser. Stiamo parlando degli interventi chirurgici di URS (Uretero-Reno-Scopia) e RIRS (Retrograde Intra-Renal Surgery), quest’ultimo si serve di uno strumento flessibile che percorre l’intero asse escretore endoscopicamente (tutto per vie naturali) sino a giungere nel rene. Con l’ausilio di una visione in alta definizione e dell’energia laser, si procede alla polverizzazione/frantumazione dei calcoli renali. Tali interventi vengono solitamente eseguiti con una notte di degenza. Esistono poi altri trattamenti come la litotrissia extracorporea (EWSL) o interventi a maggior invasività come la litotrissia percutanea (PNL), più efficiente in quadri di calcolosi non affrontabili endoscopicamente (per vie naturali) o interventi di chirurgia maggiore ormai riservati ad una minima percentuali di casi selezionati.

E’ fondamentale valutare ogni caso singolarmente al fine di porre indicazione al giusto tipo di trattamento.

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